La clausola inserita nei contratti “a completo pagamento del cliente” consente al preponente di ritardare il pagamento della provvigione all’agente sino al momento in cui il cliente ha saldato la fattura.
In sostanza, tale clausola in deroga all’art. 1748 C.C. sposta in avanti il termine di esigibilità della provvigione in favore dell’agente al momento dell’esecuzione del contratto da parte del cliente.
La norma generale: “per tutti gli affari conclusi durante il contratto l’agente ha diritto alla provvigione quando l’operazione è stata conclusa per effetto del suo intervento” (art. 1748, primo comma, cod. civ.) ammette deroghe che e preponenti accolgono in pieno.
La disposizione fu introdotta nel 1999 a seguito del recepimento nell’ordinamento italiano della Direttiva Comunitaria 86/653/CEE, che ricalca la disposizione dell’art. 1755 c.c. in tema di mediazione.
Al verificarsi delle condizioni previste dalla norma la legge riconosce all’agente il diritto alla provvigione. È questo il cosiddetto “momento acquisitivo” della provvigione. Il momento cioè in cui il diritto alla provvigione entra nel patrimonio dell’agente.
Deve però distinguersi il “momento acquisitivo” dal momento in cui l’agente potrà effettivamente pretendere il pagamento della provvigione, momento quest’ultimo in cui si verificherà la cosiddetta esigibilità della prestazione.
Ordinariamente la legge colloca l’esigibilità della prestazione: “dal momento e nella misura in cui il preponente ha eseguito o avrebbe dovuto eseguire la prestazione in base al contratto concluso con il terzo” (art. 1748, terzo comma, prima parte, cod. civ.).
Dunque, la regola generale è nel senso che all’agente spetterà la provvigione nel momento in cui il preponente esegua la propria prestazione, cioè consegni la cosa o esegua il servizio oggetto del contratto procurato per mezzo del determinante intervento dell’agente. In caso di esecuzione parziale, spetteranno provvigioni in proporzione all’esecuzione effettivamente intervenuta.
La legge prevede peraltro che questa regola generale, che dispone in merito al momento di esigibilità del diritto al pagamento della provvigione, possa essere oggetto di patto contrario.
Va da subito precisato però che il potere di deroga delle parti incontra precisi limiti. Infatti, la legge dispone: “la provvigione spetta all’agente, al più tardi, inderogabilmente dal momento e nella misura in cui il terzo ha eseguito o avrebbe dovuto eseguire la prestazione qualora il preponente avesse eseguito la prestazione a suo carico”.
Pertanto, la clausola di salvo buon fine non può eccedere questi limiti. Ciò significa che, ogniqualvolta sia pattuito il salvo buon fine, il diritto dell’agente ad ottenere la provvigione sarà spostato in avanti nel tempo fino a -e non oltre- il momento in cui il cliente avrà saldato il prezzo/la fattura del bene o del servizio ovvero al momento in cui il cliente lo avrebbe pagato, se il preponente non fosse stato inadempiente. Pertanto, qualora il mancato adempimento del cliente sia dipeso da inadempimento del preponente che, ad esempio, non abbia consegnato la merce nel termine pattuito, l’agente avrà comunque diritto alla provvigione anche in caso di salvo buon fine.
La possibilità di deroga però impone ulteriori elementi da tenere in considerazione gravando l’agente di un ulteriore onere:
– la droga così come formata, infatti, aggiunge agli elementi costituitivi del diritto alla provvigione anche il buon fine dell’affare. Questo significa, in termini pratici, che qualora l’agente dovesse pretendere in giudizio il pagamento delle provvigioni dovrà dimostrare, oltre alla conclusione dell’affare, anche il buon fine dello stesso, vale a dire il pagamento da parte del cliente.